La storia di mia madre, Ester Rivi, è la ragione per cui nel 2016 avevo deciso di dedicare un mosaico alla protagonista del film MILA (cortometraggio d’animazione ambientato durante la seconda guerra mondiale e creato da 350 artisti di 35 nazioni del mondo).
Queste sono le riflessioni che avevo scritto allora, dopo aver terminato il ritratto di Mila. Ho pensato di condividerle con voi oggi, nel Giorno della Memoria, perché sono ancora attuali.

“Non ho mai conosciuto mio nonno, morto nel 1944 a Flossenburg, il campo di concentramento tedesco in cui era stato deportato a causa del suo antifascismo.
Non ho mai saputo che viso avesse mio nonno perchè mia madre, che a 8 anni diventò orfana di madre, era in orfanotrofio quando suo padre (dopo anni di latitanza prima e carcere poi) morì! e neppure da adulta ha potuto ritrovare una sua fotografia.

la mamma di Ester
Ero con lei, all’Istituto Storico di Modena, quando ha aperto una cartellina con il nome del nonno, Gisberto Elia Rivi. Ricordo lo sguardo emozionato della mamma che, a quasi 70 anni, stava per rivedere il volto di suo papà! ma la busta (contrassegnata dalla dicitura -contiene 4 foto- )era vuota…

Non so che viso avrebbe mia madre oggi se potesse vedere il mosaico di Mila. Ma so che questo prezioso film mi ha dato la sensazione di vedere (e non solo immaginare) le paure che ha provato da bambina. Cinzia Angelini (regista di Mila) ha scritto del mio mosaico,mentre era in costruzione, che:
“Ogni frammento mi fa pensare alla speranza di ognuno di noi di cambiare le cose e proteggere i piccoli nel mezzo della guerra! Grazie!”.
Ma invece sono io che devo e voglio ringraziare lei (e tutti gli artisti e professionisti del Mila team) perchè con Mila mi hanno dato l’occasione di rendere omaggio ad Ester e Gisberto, a mia madre e a mio nonno. Attraverso questo mosaico, una tessera dopo l’altra, un frammento dopo l’altro, ho messo insieme tanti pezzi di ricordi. Ho riletto gli articoli d’epoca, ritrovati da mia madre, che per ricostruire il viaggio senza ritorno del nonno, fece un corso d’archivista e indagó per anni nella vana speranza di reperire almeno un’immagine per dare un volto al suo babbo.
Durante questa ricerca abbiamo incontrato Vittore Bocchetta (artista ed intellettuale antifascista di Verona) sopravvissuto a Flossenburg .
Per la prima volta fu allora che, avvolta nell’abbraccio di Vittore, riuscí ad immaginare mia madre da bambina.

Non so come abbia fatto a sopravvivere a quel dolore e a paure che un bambino non dovrebbe mai provare. Dai suoi racconti so che la lettura e la cultura furono fondamentali. Diventó infermiera, poi insegnante, poi impiegata comunale. Diversi mestieri, tanti concorsi pubblici, una determinazione infinita per dare alle figlie quello che da piccola non aveva potuto ricevere.
Io penso sia la stessa determinazione che spinge oggi popolazioni lontane ad intraprendere viaggi lunghissimi per raggiungere luoghi di pace in cui vivere, lavorare e crescere i propri figli. Ma i luoghi di pace ideali non esistono. E certo non possono essere rappresentati dagli stessi Paesi che, in nome di una presunta superiorità culturale, da una parte affermano di voler portare democrazia e dall’altra vendono armi a dittatori che costringono popolazioni oppresse a cercare un futuro altrove.
Per questo un mosaico dedicato ai bambini vittime di guerra è poca cosa, un frammento tra migliaia di schegge di violenza (e indifferenza) che uccidono bambini ed adulti in ogni parte del mondo.
Ho scelto di concentrami, per il mio mosaico, sul primo piano di Mila, nel cui sguardo rivedo gli occhi intensi di mia madre. Sopravvissuta alla guerra dedicó tanto impegno per aiutare le sue figlie a conoscere e portare avanti la memoria di quegli anni.
Questo mosaico, con le sue centinaia di tessere e frammenti, è un piccolo ed immenso grazie dell’eredità di riflessioni e consapevolezze che lei ha donato alla sua famiglia e a chiunque le sia stato accanto.
Non ha mai potuto ritrovare una foto di suo padre ma l’amore è nel cuore. Ed io spero che la storia di Mila entri nel cuore di tante persone.
Non sono religiosa, anzi. La mia sola fede è nell’intelligenza dell’umanità, nell’importanza della Cultura della Memoria e nel potere infinito dell’immaginazione!”.
Cecilia Giusti


Allego un interessante commento che ho ricevuto dal giornalista Eric Rittatore
Grazie per questa condivisione Cecilia, che ci aiuta a ricordare come in realtà siamo tutti “testimoni” e “portatori di Memoria” – in quanto eredi di coloro che vissero quelle esperienze – e che La differenza sta nel modo in cui ci assumiamo quella che è anzitutto una responsabilità prima ancora che un diritto. Mio nonno (ufficiale degli Alpini) e mio zio (partigiano) sono stati anch’essi tra coloro che dissero NO quando ciò significava molto probabilmente perdere tutto, financo la vita stessa, e mettere in pericolo anche i propri congiunti e gli amici. ma farlo era anche l’unico modo per “salvarsi” nel vero senso della parola, e non nella mera accezione di “sopravvivere”. In “MILA” c’è anche questo, il senso di non soccombere all’orrore generato dall’umanità stessa preservando la capacità di continuare a vivere pienamente malgrado il dolore di perdite irreparabili. Il tuo mosaico – incentrato sullo sguardo della protagonista, che è quello di ogni bambino di fronte alla Guerra – ha saputo rendere al meglio il messaggio che Cinzia e sua madre intendevano veicolare fin dall’inizio. Grazie di cuore: se il film ha conquistato tanti cuori e continua tuttora con grandi esiti il suo cammino nelle sale, è anche merito tuo.
Linko qui un mio vecchio post per un’occasione diversa – ma correlata, io credo, strettamente – in cui parlo di MILA e dei miei “testimoni”:
https://www.afnews.info/wordpress/2016/06/02/anche-mila-augura-buon-compleanno-alla-repubblica-italiana/
Per chi volesse saperne di più su MILA: https://milafilm.com/